Aflatossine

Difesa dalle aflatossine

 
La normativa del biologico cita tra i principi di prevenzione delle malattie “ [ … ]  la somministrazione di mangimi di qualita’.”

La  definizione di qualita’ data dalle norme I.S.O. e’ “ l’ insieme delle caratteristiche di un’ entità , che le conferiscano la capacita’ di soddisfare necessita’ espresse ed implicite “ che, applicata alla produzione quali-quantitativa del latte , si traduce nel coprire i fabbisogni alimentari  della bovina con materie prime la cui qualita’ e’ quella di essere oltre che di origine biologica, anche sane.

Pe quantificare quest’ ultimo aspetto si ricorre alle analisi di laboratorio che permettono di stabilire la innocuita’ di un alimento  tramite la definizione di “ limiti “ per ogni specifico contenuto microbiologico preso in considerazione.

Tra le indagini microbiologiche , negli ultimi anni si e’ frequentemente ricorsi alla ricerca di muffe i cui metaboliti sono le micotossine che causano affezioni croniche e acute negli animali in produzione e indirettamente all’ uomo.

Tra i prodotti piu’ a rischio vi e’ il mais e, considerato che circa l’86 % del mais coltivato in Italia e’ destinato all’ alimentazione zootecnica si spiega perche’ e’ opportuno accertarsi della qualita’ di questo prodotto.

La legge prevede dei limiti: nelle materie prime per mangimi e’ di 0,02 mg/kg nel latte e’ di 0,05 mg/ kg .

Il passaggio dell’ aflatossina B1, ricercata nel mais puo’ esser trovata in misura maggiore come M1, aflatossina ricercata nel latte, proveniente da bovine ad alta produzione piu’ che in quelle meno produttive.

Un test rapido che permette all’allevatore di effettuare una prima indagine sul proprio mais per la ricerca di muffe e’ quello di porre il prodotto sotto una lampada UV in un ambiente buio: se si evidenzia una luce fluorescente e’ opportuno mandare in laboratorio per analisi piu’ approfondite il campione.
La luce fluorescente e’ infatti determinata dalla presenza di un fungo, Aspergillus Flavus, che e’ lo stesso che puo’ produrre aflatossine  cosi’ come l’ Aspergillus Parassiticus .

Come metodo correttivo alla presenza di aflatossine si puo’ ricorrere all’utilizzo di sostanze leganti alcune delle quali come la zeolite, l’argilla e la bentonite ammesse anche in biologico: hanno la capacita’ di assorbire materiali inerti e si legano in modo stabile alle tossine riducendone l’ assorbimento nel tratto intestinale , sequestrano pero’ anche altri nutrienti come vitamine e minerali, per questo il loro utilizzo non puo’ esser prolungato nel tempo .

La miglior soluzione quindi e’ sempre quella di evitare l’ uso di partite di prodotto infetto che non puo’ esser risanato e quindi va smaltito.

Il divieto d’ uso dei pesticidi in agricoltura biologica puo’ far pensare che il problema delle aflatossine sia maggiore in questi prodotti rispetto a quelli convenzionali, ma al fine di evitare la contaminazione da aflatossine e’ fondamentale applicare delle buone pratiche di raccolta e conservazione  del  prodotto, prestando particolare attenzione al contenuto di umidita’ che insieme alla temperatura crea la condizione di caldo /umido, una delle cause principali di mal conservazione del prodotto.

 

a cura di Anna Maria Baraldi, agronomo zootecnico. Responsabile nazionale zootecnia biologica di I.C.E.A.